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› La Consulta boccia di nuovo la normativa sulle anticipazioni di liquidità
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La Consulta boccia di nuovo la normativa sulle anticipazioni di liquidità
03/05/2021
Dopo la sentenza n. 4 del 28.1.2020 con la quale è stato dichiarato l’illegittimità dell’art. 2, comma 6, del DL. n. 78/2015, convertito, con modificazioni, nella legge n. 125/2015, e dell’art. 1, comma 814, della legge n. 205/2017 per contrasto con gli artt. 81, 97, primo comma, e 119, sesto comma, della Costituzione, la Consulta, con la recente
Sentenza n. 80/2021
, interviene nuovamente sulla disciplina dell’anticipazione di liquidità, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 39, commi 2 e 3, del DL 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2020, n. 8.
L’art. 39-ter del d.l. n. 162 del 2019, introdotto a seguito della sentenza n. 4/2020, dispone: “1. Al fine di dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 28 gennaio 2020, in sede di approvazione del rendiconto 2019 gli enti locali accantonano il fondo anticipazione di liquidità nel risultato di amministrazione al 31 dicembre 2019, per un importo pari all’ammontare complessivo delle anticipazioni di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successivi rifinanziamenti, incassate negli esercizi precedenti e non ancora rimborsate alla data del 31 dicembre 2019. 2. L’eventuale peggioramento del disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019 rispetto all’esercizio precedente, per un importo non superiore all’incremento dell’accantonamento al fondo anticipazione di liquidità effettuato in sede di rendiconto 2019, è ripianato annualmente, a decorrere dall’anno 2020, per un importo pari all’ammontare dell’anticipazione rimborsata nel corso dell’esercizio”. La norma consente agli enti locali di sterilizzare gli effetti sul risultato di amministrazione del finanziamento della quota capitale oggetto di restituzione annuale, mediante la contropartita da stanziare in entrata sub specie di “utilizzo del risultato di amministrazione” (espressione che designa, in sostanza, un mero accantonamento contabile utile a preservare il pareggio finanziario di competenza), operando simmetricamente alle registrazioni contabili che consentono di neutralizzare gli effetti dell’accertamento dell’anticipazione nell’esercizio della sua concessione.
Secondo i giudici costituzionali il combinato disposto delle norme censurate produce un fittizio miglioramento del risultato di amministrazione con l’effetto di esonerare l’ente locale dalle appropriate operazioni di rientro dal deficit, che non vengono parametrate sul disavanzo effettivo ma su quello alterato dall’anomala contabilizzazione del fondo anticipazioni liquidità. Tale meccanismo, in quanto incidente in modo irregolare sul risultato di amministrazione, che rappresenta la base di partenza per la quantificazione del deficit e del livello di indebitamento, nonché per la definizione dell’equilibrio di bilancio, comporta la violazione degli artt. 81, 97, primo comma, e 119, sesto comma, Cost.
Il meccanismo prefigurato dal comma 2 dell’art. 39-ter integra una violazione del principio di responsabilità democratica, in quanto, in luogo di un ripianamento rispettoso dei tempi del mandato elettorale, ne introduce uno che consente di differire l’accertamento dei risultati, ivi compresa l’indicazione di idonee coperture, oltre la data di cessazione dello stesso. Inoltre, considerato che il ripiano del disavanzo segue il medesimo ammortamento trentennale dell’anticipazione di liquidità, tale differimento comporta il trasferimento dell’onere del debito e del disavanzo dalla generazione che ha goduto dei vantaggi della spesa corrente a quelle successive, senza che a queste ultime venga trasmesso alcun beneficio connesso all’utilizzazione di beni durevoli di investimento. Le disposizioni del comma 3 dell’art, 39-ter, prevedendo invece che il FAL sia utilizzato fino al suo esaurimento per rimborsare l’anticipazione medesima, ne consente una destinazione diversa dal pagamento dei debiti pregressi, già inscritti in bilancio e conservati a residui passivi, poiché sostanzialmente permette di reperire nella stessa contabilizzazione del FAL in entrata le risorse (in uscita) per il rimborso della quota annuale dell’anticipazione.
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