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› Corte dei conti, Vincoli assunzionali applicabili alle Unioni di Comuni
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Corte dei conti, Vincoli assunzionali applicabili alle Unioni di Comuni
19/01/2022
Con la
deliberazione n. 5/2021
, la Corte dei conti Sez. Veneto fornisce chiarimenti in merito ai vincoli assunzionali applicabili alle Unioni di Comuni ed al limite del trattamento accessorio spettante al personale, alla luce delle disposizioni contenute nel c.d. “Decreto crescita” e nelle successive norme attuative. Il Collegio ricorda che l’art. 33, co. 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito dalla legge 27 dicembre 2019, n. 162 e ss.mm. e ii. e il decreto interministeriale del 17 marzo 2020, i quali fissano la disciplina per le assunzioni di personale a tempo indeterminato per i Comuni, non si applicano alle Unioni di Comuni. Le facoltà di assunzione delle Unioni dei comuni sono tuttora disciplinate dall’art. 1, comma 229, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 che costituisce norma speciale, consentendo il reclutamento di personale con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato nei limiti del 100% della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell’anno precedente. I vincoli applicabili alla spesa per il personale delle Unioni di Comuni restano quelli stabiliti dalle norme richiamate nei principi affermati nelle deliberazioni n. 8/2011/SEZAUT/QMIG e n. 20/2018/SEZAUT/QMIG.
L’Unione di Comuni ha, ad oggi, a disposizione due strumenti per procedere alle assunzioni di personale:
– da una parte può assumere autonomamente, utilizzando direttamente spazi assunzionali propri ed applicando la consueta regola del turnover al 100%, ex comma 229 della legge 208/2015, senza alcun adeguamento del limite del trattamento accessorio;
– dall’altra può avvalersi, seppur assumendo direttamente, di spazi assunzionali ulteriori, ceduti (ex art. 32, comma 5, Tuel) dai Comuni “virtuosi” (così come definiti in base alla “nuova” normativa in materia, ovvero capaci di assumere a tempo indeterminato aumentando la propria spesa di personale nel rispetto dei valori soglia), concretamente aumentando la propria dotazione organica. In questo caso, in cui il beneficio (o, per così dire, il “bonus assunzionale”) transita dal Comune all’Unione, verranno assunte dall’Unione anche le due conseguenze (o corollari) degli spazi assunzionali aggiuntivi, ovvero: la deroga ai commi 557 e 562 (ex art. 7 co. 1 del D.M. del 17 marzo 2020) e la possibilità di adeguamento del limite del trattamento accessorio (ex art. 33, comma 2 ultimo periodo, del D.L. 34/2019).
Per la Corte, tale ultima interpretazione risulta infatti coerente con il senso sotteso all’art. 5, comma 3, dello stesso D.M. 17 marzo 2020, che concede addirittura spazi in più ai piccoli comuni (ovvero con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti), affinché siano utilizzati per l’Unione alla quale aderiscono (ma attraverso l’istituto del “comando”).
Diversamente opinando, ci si troverebbe di fronte a due paradossi: la possibilità, per l’Unione, di utilizzare ulteriori spazi assunzionali ceduti, per poi dover “comprimere” la spesa entro il limite previsto dal comma 562 della L. 296/2006; e lo svantaggio, per i Comuni, di aderire all’Unione, se le uniche assunzioni possibili per questa fossero nella misura del 100% della spesa dei cessati dell’anno precedente, senza poter utilizzare gli spazi dell’aderente comune virtuoso.
Ovviamente, anche le assunzioni attraverso cessione di spazi assunzionali potranno avvenire soltanto a condizione che i comuni ne tengano conto come se si trattasse di maggiore spesa propria ai fini dell’art. 33, comma 2, del D.L. 34/2019, oltre che delle disposizioni generali sul contenimento della spesa di personale.
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